Elena
Un po’ per caso, un po’ per curiosità qualche anno fa ho conosciuto il Chi Kung e ne sono rimasta coinvolta, per non dire frastornata.
Non voglio qui dilungarmi sulle cause che mi hanno portato ad avvicinarmi a quest’arte, né tanto meno parlare dei miei scetticismi e delle mie credenze. Ma penso possa essere interessante narrare di un’esperienza particolare che mi ha colpita e alla quale ancora oggi, a distanza di un anno, non so dare forma:
Ero venuta a vivere già da un anno a Torino e, come tutti i giorni, stavo correndo nel Parco del Valentino (premetto: un po’ per diletto, un po’ per professione pratico più di cinque ore di “sport” al giorno), quando iniziai a sentire un dolore lancinante all’anca destra. Era un dolore che conoscevo bene perché qualche mese prima ne avevo sofferto per diverse settimane. L’unica cura che mi avevano dato era stata: riposo! Ma stavolta non potevo sospendere le mie attività per lasciare che la parte sfiammasse da sola, né potevo prendere antinfiammatori via orale.
Così contattai il maestro Costantino Valente perché mi desse qualche consiglio pratico. Mi aspettavo che mi spiegasse come allungare i legamenti dell’articolazione coxo-femorale, o semplicemente che mi dicesse a chi fare riferimento per un ciclo di massaggi.
Le sue parole, invece, furono queste: “Domani, dopo la tua corsa, sdraiati nel parco, respira profondamente. Io proverò a fare qualcosa per te da qui”. Mi sembrava un’assurdità. Ma ci provai…
L’indomani alle undici e mezzo ero sul prato e, dopo aver comunicato per telefono al maestro che ero pronta, mi distesi e cominciai a respirare.
L’anca mi faceva male. Dovevo concentrarmi. Provai e riprovai a pensare solo al respiro, ma iniziai a percepire un fastidio insolito, qualcosa che non riuscivo a sopportare. Così mi misi a sedere pronta a finire lì quel “gioco”, ma come se una mano mi spingesse sul petto, ricaddi indietro, incapace di resisterle. Stetti lì, con gli occhi sbarrati, inerme. Poi, come una voce vicina all’orecchio sentii il maestro dirmi: “Su Elena, già faccio fatica a concentrarmi oggi, se tu fai così…”. Mi addormentai.
Dopo circa mezz’ora aprii gli occhi. Il mio istinto mi disse che era ora di andare via. Mi alzai. Squillò il telefono in quell’istante: era il maestro che voleva sapere come mi ero sentita e se il dolore si era affievolito. Ah, già, l’anca! Stavo camminando e non sentivo male!
Il maestro si scusò perché quel giorno era particolarmente stanco, perciò nella prima mezz’ora aveva avuto un po’ difficoltà a concentrarsi e perciò appena finita la pratica mi aveva richiamata.
Non ho più avuto problemi all’anca, ma non mancarono occasioni per riprovare l’esperimento a distanza.
Nel febbraio, infatti, dovetti interrompere la mia attività per un dolore che, a detta di due specialisti, sembrava derivasse da una contrattura ormai cronica al deltoide. Mi dissero di fermarmi per quindici giorni, assumere antinfiammatori e antidolorifici e di non riprendere mai più i medesimi esercizi che avevano compromesso la spalla.
Era il momento perfetto per ricontattare il maestro.
Ci demmo appuntamento per quel pomeriggio. Il dolore mi faceva scoppiare la testa da non riuscire a tenere la luce accesa. Così mi sdraiai nel letto, al buio, e cercai di concentrarmi sul respiro. Stavolta non ebbi esitazione: crollai immediatamente in uno stato di dormiveglia intenso, nel quale mi sentii parlare profondamente di me stessa, rispondere a domande, chiedere consigli. Più che un’ora di meditazione mi parve di essere dallo psicologo!
Mi svegliai completamente rilassata e come la volta precendente, il maestro mi telefonò immediatamente dicendomi che anche lui aveva terminato e che aveva avuto la sensazione di aver parlato molto con me.
Il dolore al deltoide si era affievolito, tanto che dal giorno successivo ripresi totalmente la mia attività senza avere ricadute fino ad oggi.
Elena